sabato 5 dicembre 2015

A Natale regala un libro (ma prima leggilo)


Scena surreale in libreria.
Una signora anziana, dalla voce molto alta, nel reparto ragazzi. Seguita a ruota da un commesso che pigola esili informazioni. La signora non bada a lui, ma passa in rassegna gli scaffali. Sceglie i libri a colpo d'occhio. Senza nemmeno aprirli. Li afferra e se li mette sotto braccio. Poi ci ripensa e li mette giù. Poi li prende ancora.
Il commesso annuisce sempre e dice: "Ci sarebbe anche questo, e poi questo..."
Ma la signora è poco interessata: "No, guardi - dice - Diario di una schiappa sembra simpatico, eh, ma non fa molto Natale. Ci vorrebbe qualcosa di più carino, con più atmosfera..."

Ora, eviterò di lanciarmi in un O tempora, o mores! e mi limiterò a rivelare il maggior paradosso dell'editoria italiana: chi compra i libri non li legge (lo avevo già anticipato in questo post). Ci sarebbe da fare un lungo discorso, ma ragioniamo su questa signora che ho visto ieri alla Feltrinelli di Pavia, nella sezione ragazzi.

Lasciatemi almeno dire che trovo strana l'idea di una donna che compra i libri per i suoi nipotini con la stessa mentalità con cui sceglierebbe una bambola o un soprammobile: solo perché sono carini.

Intendiamoci: i libri sono oggetti. Sono fatti di carta, hanno un peso e un costo, hanno una copertina che li rende attraenti. Ma i libri - non è banale? - si suppone vengano regalati a un bimbo perché lui li legga. Quindi chi lo compra dovrebbe avere idea del contenuto. Dareste mai in mano a vostro figlio di 10 anni il sostanzioso volume di Guerra e pace?

Un paio di consigli, dunque.
Per cominciare, non scegliete un romanzo per la copertina, né perché lo avete visto nelle prime posizioni delle classifiche dei libri più venduti.

Regalate solo i libri che avete già letto e amato. E comprateli nuovi in libreria.
In questo modo, farete due ottimi favori.

Il primo all'autore del romanzo in questione, che riceverà un segno tangibile del vostro apprezzamento.

Il secondo favore lo farete al vostro amico, alla vostra fidanzata, a vostro figlio o vostra figlia, ai vostri genitori, insomma alla persona che riceverà il regalo. Il motivo per cui amiamo un romanzo è perché contiene un'immagine, un personaggio, una storia che in qualche modo parla di noi. Che rappresenta chi siamo, come eravamo, ciò che abbiamo paura di diventare o ciò che, purtroppo, non saremo mai. E la letteratura ha il potere di rendere questa immagine universale. Come scrive Borges, "L'immagine che un solo uomo può formare non tocca nessuno".

Il nostro amico, figlio, fratello, fidanzato, nelle pagine che gli regaleremo, troverà noi, ma anche un po' se stesso.
Ditemi se questa non è una magia di Natale.
A rileggervi,
Gisella

giovedì 19 novembre 2015

Estrazione Giveaway "Di me diranno che ho ucciso un angelo"


Buongiorno, cari lettori!
Avete partecipato in molti al Giveaway e vi ringrazio per l'interesse che continuate a dimostrare per il nostro angelo sperduto.
Vi ricordo brevemente i dettagli del libro.

Autore: Gisella Laterza
Titolo: Di me diranno che ho ucciso un angelo
Editore: Rizzoli
Trama:
A volte gli angeli cadono. Precipitano dalle loro altezze e sono costretti ad adattarsi a un mondo che non è il loro. Del nostro, di mondo, non capiscono molto: tutto è mistero ai loro occhi, soprattutto le varie forme che assume l'amore.
L'angelo di questa storia vaga sulla terra, incontra diverse persone e, come un bambino, pone domande a cui spesso gli adulti non sanno dare risposta.
Ma ora è tempo di annunciare i vincitori del giveaway, che sono...


Qui trovate la pagina ufficiale del romanzo: Di me diranno che ho ucciso un angelo.

Il libro è acquistabile in libreria. Se non c'è, basta ordinarlo e arriva in pochi giorni. Oppure il cartaceo si può ordinare qui: Libreria Ibs o negli altri store online, e l'ebook si trova ad esempio su Amazon.

Ed ecco i cinque vincitori, che riceveranno una copia ebook del romanzo.



a Rafflecopter giveaway

Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato.
A presto, con nuove iniziative!

venerdì 6 novembre 2015

Difficoltà e vantaggi del fantasy italiano
Tavola rotonda al Lucca Comics 2015



Il Lucca Comics lascia sempre un po' intontiti, privi di sonno, ricchi di esperienze. Questo non è stato diverso.

C'ero già stata due anni fa per presentare Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli) e ne parlo qui: Lucca Comics 2013: persone strambe e sogni intrecciati.

Ci sono tornata quest'anno, onorata di essere stata ospite di una tavola rotonda sul fantasy italiano.
Con me, vedete in foto, da sinistra, gli scrittori Aislinn (Fabbri), Luca Tarenzi (Salani, Acheron Books), la sottoscritta, Andrea Atzori (Origami) e l'editore Fabio Attoli (Origami). Nell'incontro è intervenuto anche il mitico Mario Pasqualotto.

Aislinn, Luca Tarenzi, Gisella Laterza, Andrea Atzori, Fabio Attoli
Ora, ho messo al post un titolo altisonante, ma guardate le nostre facce: secondo voi, il discorso è stato serio? Tra risate perplesse e incertezze croniche, però, sono emersi degli spunti niente male. Una riflessione in generale sul fantasy, e sul fantastico, in Italia. Difficoltà e vantaggi che chi scrive questo genere incontra. Secondo il punto di vista (personale e soggettivo) di chi lo fa.

Ci sarà a breve il video completo della tavola rotonda. Per chi fosse impaziente di sapere cosa abbiamo detto (e per chi sarà troppo pigro per vedere lo streaming), ecco un disordinato riassunto.

Chi compra i libri non li legge
Sembra un paradosso, ma è la più solida delle realtà.
Signore e signori, ebbene sì, il libro è un oggetto. Chi lo compra, lo fa per possedere o per regalare un oggetto. Non per leggere. O meglio, non solo.

Ciò che tiene a galla l'editoria è il cosiddetto lettore debole: chi legge un libro all'anno, prendendolo spesso dai primi dieci in classifica. E' un lettore non informato, del tutto inconsapevole di ciò che acquista. E' un lettore che entra in libreria e acchiappa la prima cosa che vede sullo scaffale, perché ne parlano tutti, o perché vuole fare un regalo.

I lettori forti, invece, leggono almeno 12 libri all'anno (quelli davvero forti almeno 40-50). Si informano, selezionano, cercano prodotti di qualità, oppure sanno distinguere le letture di intrattenimento dalle letture di qualità. Ma chi può permettersi di comprare tutto ciò che legge? Soprattutto se i prezzi sono proibitivi?
Conclusione: il lettore forte onesto va in biblioteca; quello disonesto scarica il libro illegalmente. I libri comprati dai lettori forti sono solo quelli che sono piaciuti davvero e che il lettore vuole conservare.

Luca Tarenzi, Gisella Laterza
Il disastro delle mode
Ogni genere letterario si fonda su alcuni elementi canonici. Possono essere imitati, copiati, reinventati, stravolti... ma non si può prescindere da essi.
Il problema del fantasy è stato lo scoppiare di mode.
Tracciando una storia rapida, tutto è iniziato con la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli. Dopo l'apparizione della Compagnia dell'Anello (2001), sono usciti gli imitatori di Tolkien. 
Dopo Eragon (2002), c'è stato il boom dei baby-autori. Ragazzi giovanissimi, attorno ai 16-19 anni, che hanno pubblicato romanzi immaturi. I quali, ma va?, si sono rivelati delle meteore (noi non abbiamo fatto nomi, ma i più ricorderanno diversi casi italiani).
Dopo Twilight (che è paranormal romance, ma rientra nel discorso)? Vampiri innamorati come se piovessero.
Ora che va di moda il Trono di Spade, si trovano ovunque (sia nella narrativa che nelle serie tv) fantasy violenti, cupi, con personaggi che sono delle emerite canaglie.

Qual è il risultato?
Tarenzi, Laterza, Atzori
Prima i lettori divorano tutto ciò che nella fascetta porta scritto "Emozionante come Hunger Games". Poi non ne possono più. Prima le case editrici cavalcano la moda. Poi non ne possono più. Perché alle loro scrivanie arrivano copie che sono le copie delle copie delle copie. E basta!

Il problema della classificazione
Questo riguarda soprattutto il mio romanzo, ma non solo. Come sapete, Di me diranno che ho ucciso un angelo genera qualche dubbio. Fantasy o no? I lettori l'hanno chiamato fiaba moderna, affine al Piccolo principe. Il problema è dunque: dove va a finire negli scaffali? Reparto ragazzi o reparto adulti? Fantasy o realistico?
Chi frequenta le librerie sa che la collocazione è tutto. Un libro che finisce nello scaffale sbagliato è un libro perduto.
A questo proposito, nella conversazione è intervenuto Mario Pasqualotto: a volte, la suddivisione di genere crea problemi o addirittura danni a quei libri che rifuggono dagli schemi.

Come fare per migliorare la situazione?
Niente di più semplice: comprate i libri.
Parlo con voi, lettori forti, che state leggendo questo post e dunque amate tenervi informati, oppure siete solo capitate qui per caso.
Comprate - i - libri - che - vi - piacciono
Oppure parlatene.
Tanto.
Vi piace una frase? Condividetela.
Vi ispira una copertina? Fotografatela.
Un romanzo vi ha tenuti svegli la notte, inchiodati alle pagine fino all'ultima? Raccontatelo. Su Facebook, al bar, a scuola, al lavoro.
Create ogni giorno una tavola rotonda della letteratura.
Raccontate i libri che amate, qualunque sia il genere a cui appartengono loro, qualunque sia la vostra età.

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Ecco qua tutto ciò che riesco a ricordare a memoria della nostra chiacchierata di Lucca, e se avrò commesso qualche errore, me ne scuso. La mia testa sta fluttuando nella febbre.

Lancio un appello a chi c'era: sapete dirmi se ho dimenticato, ho sbagliato qualcosa?

Lancio un appello a chi c'era e a chi no: che ne pensate?
Concordate? No? Avete osservazioni, aggiunte, obiezioni?
A rileggervi,
la vostra scribacchina

martedì 20 ottobre 2015

Come non scrivere un romanzo:
sette Sconsigli di una scribacchina


1. Si può leggere senza scrivere. Non si può scrivere senza leggere.


2. Non scrivete per diventare scrittori.


3. Non scrivete se non ne avete assolutamente, visceralmente bisogno. Scrivete solo se scrivere o non scrivere fa la differenza nelle vostre giornate.


4. Non scrivete se non avete niente da dire, o se non sapete come dirlo.


5. Non commettete mai, mai l'errore peggiore di ogni scrittore: prendersi sul serio; prendere sul serio gli altri.



lunedì 12 ottobre 2015

[Giveaway!]
Di me diranno che ho ucciso un angelo


Ieri ho compiuto 24 anni.
Tra i regali ricevuti, due sono i più importanti.
Il primo mi è stato fatto dal mio ragazzo: una giornata alle terme solo per noi, con l'acqua che ci coccolava il corpo e i pensieri.
Il secondo me lo sono fatta io: un paio d'ore a scrivere il nuovo romanzo. L'ho iniziato mesi fa, ma le (bellissime) esperienze della tesi di laurea e della collaborazione con il "Corriere della Sera" di Bergamo mi tengono lontana da questa storia, che non riesce a crescere. Così mi sono concessa due ore solo per me e lei, ieri sera.

Ma oggi il regalo è per voi che da tempo seguite il mio diario da scribacchina.
Voglio ringraziarvi per la vostra presenza con un bel giveaway!


In palio, 5 copie ebook del mio romanzo
Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli).

Per partecipare, è sufficiente compilare il form sottostante.

Autore: Gisella Laterza
Titolo: Di me diranno che ho ucciso un angelo
Editore: Rizzoli
Trama:
A volte gli angeli cadono. Precipitano dalle loro altezze e sono costretti ad adattarsi a un mondo che non è il loro. Del nostro, di mondo, non capiscono molto: tutto è mistero ai loro occhi, soprattutto le varie forme che assume l'amore.
L'angelo di questa storia vaga sulla terra, incontra diverse persone e, come un bambino, pone domande a cui spesso gli adulti non sanno dare risposta.

Estratto:
“La vita è fumo?” chiese.“Sì, rispose la donna, piena di malinconia. “La vita è fumo, la vita è cenere. E l’unico modo per vivere è lasciare che entri, che penetri fino in fondo, lasciare che ti annerisca i polmoni. Ed è per questo che ti fa così paura, angelo candido: perché vivere significa inquinare se stessi. Ed è per quello che ti affascina tanto: perché la vita, proprio nell’istante in cui si consuma più intensamente, prende, nell’aria, una bella forma”

Partecipate al giveaway!

a Rafflecopter giveaway

L'estrazione avverrà il 19 novembre.
Condividete come se non ci fosse un domani...
e in bocca al lupo a tutti!

mercoledì 16 settembre 2015

Colazione da Feltrinelli


"Tiffany! È una meraviglia, vero? Capisci cosa intendo
quando dico che niente di brutto può accaderti qui?"
(Dal film Colazione da Tiffany)

Audrey Hepburn in Breakfast at Tiffany's
Poche cose mi fanno sentire a casa, al sicuro, come gironzolare tra scaffali colmi di libri. Mi piace vagare, passarci il tempo, perderci tempo. Avere da fare, e fermarmi comunque un attimo in più. Per prendere in mano un libro secondo l'ispirazione, attirata dalla copertina, o da un nome conosciuto e amato.

Quando "ho le paturnie", vado in una libreria. Che, durante questi miei anni all'Università di Pavia, è la Feltrinelli di via XX Settembre.

Era un'antica chiesa. Ora è sconsacrata. Le panche di legno, che ospitavano i fedeli inginocchiati in preghiera, sono state rimosse da decenni. Ma mi piace pensare che le panche si siano trasformate in scaffali, e che ora accolgano un diverso tipo di preghiera. Quella dei libri, che dicono: "Portami con te."

Così, cammino tra di loro, i romanzi, ascoltandone i sussurri.
I loro mormorii placano i miei pensieri. Le mie paure, a volte.
Mi fanno sentire che niente di brutto può accadermi lì, finché ci sono loro.

Mi sento a casa.
Così tanto che, quando suona il telefono, mi viene voglia di rispondere.
Ma questo forse è un po' eccessivo.

giovedì 3 settembre 2015

Una stanza tutta per scrivere


"Una donna per scrivere dovrebbe procurarsi del buon vino e una stanza tutta per sé."
Virginia Woolf

Ieri sono tornata a Pavia, nella casa dove ho vissuto per quasi quattro anni con le mie pazze coinquiline (che sono uno strano incrocio tra le protagoniste di Sex and the City e le tartarughe ninja).
Ho ripensato allora ai posti che mi hanno visto vivere e scrivere.
Eccoli qua.

La stanza delle stagioni, a Bergamo
In un piccolo paese di provincia c'è la stanza che mi ha visto bambina e che mi ha visto crescere. Alle pareti ha appesi quattro quadretti con le quattro stagioni. Quando avevo dodici anni, qui ho letto alla mia sorellina il mio primo romanzo (ne parlo qui).
Qui sono tornata ora, che ho quasi finito i corsi e mi manca solo la tesi magistrale.
Ma questa stanza non mi sembra più mia. Forse perché sono stata lontana troppo tempo, forse perché è uguale a quando avevo diciannove anni e rispecchia troppo la ragazza che ero allora è che non sono più.

V. Van Gogh, La camera.
La stanza azzurra, a Pavia
Nel 2010 ho iniziato a frequentare Lettere moderne a Pavia. Avevo scelto la stanza azzurra in via Parco Vecchio  perché, lo ammetto, mi piaceva il nome della via.
Nella stanza azzurra entravano gli amici dell'università, si fermavano fino a tardi a parlare e a suonare la chitarra.
Lì ho scritto un romanzo buffo e tante lettere alle persone sbagliate.
Ma nelle stanze accanto c'erano E. e L, coinquilini epici. L era quello delle fesHte. E. era un  bell'incrocio tra una mamma e un maschio alfa. E quando si è messa in testa di imparare a fare la pizza, l'ha fatta per una settimana. Non ho scritto meglio, ma con molta più gioia.

La stanza arancione, a Pavia
Mi sono trasferita nel 2012 in un altro appartamento, dove ho lavorato alla revisione di "Di me diranno che ho ucciso un angelo", pubblicata nel 2013.
Negli anni della stanza arancione, le tre coinquiline sono diventate le mie migliori amiche.
E il mio migliore amico è diventato il mio Pirata. Che ha dipinto e appeso lì un quadro (che raffigura una bambina in riva al mare). La cosa più cara che ho.

La stanza bianca, a Stoccolma
In cinque mesi di Erasmus, ne ha viste di tutti i colori.
Ma lì non ho scritto molto, perché vivevo in una stanza doppia e per scrivere, invece, ci vuole solitudine. Quindi uscivo e andavo al Borges Bagari, una caffetteria adorabile di cui parlo in Una scribacchina nei caffè di Stoccolma.

Questi sono i miei luoghi della scrittura. Hanno influenzato le mie righe? Non so in che modo, ma credo di sì.

E voi? Quali sono i vostri luoghi per scrivere?

martedì 11 agosto 2015

La scribacchina va in vacanza


Avrete notato che sto latitando e raramente approdo su questi lidi...
Il fatto è che sono piena di novità. Molte belle. Ma è troppo presto per parlarne, e da domani il tempo sarà anche messo in pausa.

Sex and the City

Domani, infatti, vado in vacanza con le mie amiche. Sì, quelle con cui per anni ho condiviso un appartamento a Pavia. Quelle che sembrano qualcosa a metà tra le protagoniste di Sex and the City e le Tartarughe ninja.

Le tartarughe ninja

Ora non vivo più con loro: come sapete, ho passato l'ultimo semestre della mia vita universitaria in Erasmus a Stoccolma. E adesso che non frequento più le lezioni, sono tornata a casa a Bergamo, a scrivere la tesi... e tante altre cose. Spero di potervene parlare un giorno.

Tutto questo per dire due cose.

La prima: saluti! Ci rileggiamo a settembre!

La seconda: questo è il post sul blog numero 200. Fa impressione, vero?
Quindi ringrazio una volta di più (ma mai abbastanza) tutti i lettori che mi seguono dall'inizio, sia quelli che sfogliano le pagine di questo angolino sul web, sia quelli che continuano a leggere il mio romanzo a distanza di anni dalla sua pubblicazione.
Grazie!
La vostra scribacchina,
Gisella

domenica 19 luglio 2015

Il miglior consiglio che si possa dare a uno scrittore


A volte qualcuno mi chiede un consiglio di scrittura. Io non ne do mai, ma riporto il migliore che io stessa abbia mai ricevuto:

Non tutto ciò che scrivi merita di essere pubblicato.

Me lo disse Beatrice Masini un paio di anni fa. Lei era direttrice Rizzoli ragazzi, e avevo da poco pubblicato per questa casa editrice Di me diranno che ho ucciso un angelo. Mi ricordo che parlai con Beatrice e le chiesi: “Ora ho esordito. Il romanzo sta andando bene. E adesso?”
Le parlai poi di alcuni progetti che avevo in testa, di cose che volevo scrivere, che stavo già scrivendo.
Dopo avermi ascoltato e fatto delle osservazioni, disse quella frase come se la buttasse lì per caso.
Ma era, è ancora, fondamentale.

È fondamentale perché la scrittura è un divertimento, un'ossessione, una necessità. Ma ciò di cui lo scrittore ha bisogno non necessariamente può essere significativo per il pubblico.
Dunque scrivetevi un post it e appendetelo allo schermo del computer: “Non tutto ciò che scrivi merita di essere pubblicato”. Che si può tradurre con “Non si può pubblicare qualsiasi cosa solo perché è stata scritta.”

Parlando di me, ci sono, infatti, dei romanzi che scrivo per sviluppare dei temi importanti solo per me, che mi aiutano a superare momenti di crisi, a fare chiarezza in un periodo difficile, o anche solo a divertirmi o a svagarmi un po'. Ma tutto questo per un'altra persona non avrà nessun significato.
Ricordate l'immortale Borges, nella Ricerca di Averroè? “L'immagine che un solo uomo può formare non tocca nessuno.” Cioè, la poesia vive di immagini universali; le piccole singole verità, per quanto vere, non possono essere edite, perché giovano solo a chi le crea, e a nessun altro.

Facciamo un passo avanti, e parliamo di stile.
Lo stile è qualcosa che si forma attraverso anni di profonde e meditate letture, e spesso attraverso tante prove di scrittura. Difficile che il primo romanzo che scriviamo sia anche quello che vedrà la luce.
In altre parole, ci sono romanzi che sono, e devono restare, delle prove di scrittura, degli esercizi di stile. Qualcosa che produciamo per migliorarci, per imparare a gestire i personaggi, a dosare con sapienza sequenze narrative, dialogiche, descrittive, eccetera eccetera.
Certo, alcuni esercizi fortunati, alla fine, riescono bene e meritano la pubblicazione (solo dopo essere stati cambiati profondamente rispetto alla prima stesura), ma per la maggior parte un esercizio è un esercizio, e ciò che si è imparato a padroneggiare nel romanzo A potrà essere applicato con successo nel romanzo B.

Ecco, questo è il mio consiglio, che poi non è neanche mio, ma di una delle maggiori esperte di editoria in Italia. Se fossi in voi, lo seguirei. Io ci sto provando, anche se è la cosa più difficile del mestiere di scribacchina.

martedì 16 giugno 2015

Come finirà "Game of Thrones"?
Non è vero che tutti possono morire


Per prima cosa, attenzione:
POSSIBILI SPOILER PER CHI NON HA VISTO LA 5x10

Valar Morghulis.

Da aprile a giugno, i primi giorni della settimana significano due cose: metà del web è sconvolta per l'ultimo episodio della quinta stagione di Game of Thrones; l'altra metà è furente contro chi ha inondato Facebook di spoiler.
Questa serie tv è infatti celebre (anche) perché chiunque può essere ucciso.
Ma ne siamo sicuri?
Il mio scopo sarà qui dimostrare che Game of Thrones in realtà è un fantasy tradizionale, dove alla fine vinceranno i "buoni e giusti", seppure a caro prezzo.
Non ci credete?
Fate un viaggio con me.
Cercherò di rispondere alle seguenti domande:
1. Chi sono i veri protagonisti di GoT?
2. Perché Jon Snow non può essere morto davvero?
3. Come andrà a finire Game of Thrones?

Tutti gli uomini, in GoT, devono morire? GoT è un fantasy innovativo dove i protagonisti stessi sono a rischio?
La mia risposta è no e no, perché i protagonisti, i veri protagonisti della serie, non sono ancora morti e ho ragione di scommettere che non moriranno mai.

CHI SONO I VERI PROTAGONISTI DI GOT?


La serie tv può trarre in inganno a causa della moltitudine di personaggi che affollano la scena, ma analizzando le varie storyline, si possono individuare coloro che sono, secondo i parametri del fantasy classico, destinati al successo: Daenerys, Bran, Arya e Jon Snow (sì, anche lui).

I fantastici quattro hanno infatti in comune quelle caratteristiche che li rendono eroi da fantasy tradizionale, o da fiaba:

1) hanno avuto un'infanzia difficile perché sono degli outsider: Jon è creduto figlio illegittimo di Eddard Stark; Daenerys ha trascorso l'infanzia senza avere una casa e costretta a subire la follia di suo fratello; Arya ha sempre preferito le armi agli aghi da ricamo, cosa disdicevole per una lady; Bran è diventato storpio.

2) proprio perché sono outsider, diversi, inizialmente sfortunati iniziano dei percorsi di formazione: Jon passa dall'essere un emarginato al diventare un potente guerriero; Daenerys passa dall'essere una ragazzina spaventata all'essere una potentissima regina dei draghi, distruttrice di catene ecc ecc; Arya, così a disagio a casa propria perché non è abbastanza femminile per essere una lady, diventerà un'assassina professionista; Bran, anche lui limitato fisicamente, andrà oltre la Barriera dove (ATTENZIONE SPOILER PER CHI NON HA LETTO I LIBRI) diventerà l'erede designato del Corvo a Tre Occhi

3) tutti partecipano a quella che nel fantasy tradizione viene definita morte del mentore, che si verifica quando una figura guida muore e il protagonista deve cavarsela da solo: per Jon, Bran e Arya muore Eddard Stark (su cui tornerò più avanti); per Daenerys muore khal Drogo, che si può considera il suo mentore perché è grazie alle "sfide" che lui le impone che Daenerys cresce.

4) tutti sono orfani, o lo diventano.

5) tutti sono obbligati a superare delle prove (e qui è troppo lungo elencarle tutte).

6) tutti, nella migliore tradizione fantasy, ricevono un dono magico in seguito alle prove superate: Arya diventerà in grado di servire il Dio dei Mille Volti; Daenerys ha ricevuto i draghi; Jon Snow ha ricevuto Lungo Artiglio, una delle poche armi capaci di uccidere gli Estranei; Bran (SPOILER) nei libri riceve il potere di entrare negli Alberi-Cuore (e ho ragione di credere che questo sarà utilissimo, ma ci torno più avanti).

7) sono puri di cuore, o almeno agiscono secondo giustizia, punendo i malvagi ed essendo sempre coerenti con la propria morale.

Ecco, per queste ragioni, ritengo che questi siano i veri protagonisti di Game of Thrones. A queste argomentazioni va aggiunta una teoria su Jon Snow che riporterò più avanti. Ora preferisco chiarire un altro punto.

PERCHÉ GLI ALTRI NON SONO I PROTAGONISTI?

Eddard Stark: sembra il protagonista. In realtà è il mentore, cioè la figura a cui inizialmente tutti fanno riferimento e che, quando muore, lascia tutti nella merda sconvolti. Inoltre non è un tipico protagonista di fantasy perché, come sua moglie, non compie percorsi di crescita
Robb Stark: anche lui nella serie tv sembra uno dei protagonisti, perché possiamo vedere il suo punto di vista da subito. Ma non può esserlo perché, tra le caratteristiche elencate sopra, Robb non ne possiede tre fondamentali: non è un outsider, dunque non è chiamato a mettere alla prova se stesso per essere accettato dalla società, dunque non ottiene il mezzo magico. 

MENZIONE SPECIALE PER
TYRION LANNISTER

Su di lui c'è molto da dire. Da una parte, Tyrion è il tipico protagonista di fiaba: emarginato, obbligato a cercare se stesso, perseguitato e mortificato anche quando salva tutti (la battaglia delle Acque Nere vi dice niente?), così sfortunato da far concorrenza a Oliver Twist, così fortunato da non poter essere quasi realistico (sfugge al morbo grigio quando Ser Friendzone se lo piglia). 
Però ci sono due motivi per cui non è un protagonista tipico di fantasy: per prima cosa, non riceve mai il mezzo magico e, cosa più interessante, Tyrion uccide il proprio mentore, il padre, colui dal quale ha appreso tutto (una zia di Tyrion e Jaime, infatti, dice a Jaime che il vero erede di Twyin è Tyrion).
Insomma, Tyrion mi sembra un perfetto, affascinante connubio tra un protagonista di romanzi fantasy e protagonista di romanzo realistico.
Per questo motivo la sua sorte mi pare incerta.
Per questo motivo, tutti noi lo amiamo così tanto: perché Tyrion è lo specchio delle nostre miserie, e della gloria che possiamo raggiungere solo grazie alle nostre capacità e nonostante il mondo ci detesti. Ma è anche molto umano, soggetto all'ira e all'errore.
Nel caso in cui qualcuno non lo amasse, poi, l'interpretazione straordinaria di Peter Dinklage fa passare trasforma ogni cuore di pietra in un cuoricino sberluccicoso da fangirl.

E a proposito di fangirl, passiamo a Jon Snow.


ECCO PERCHÉ JON SNOW NON PUÒ ESSERE
MORTO DEFINITIVAMENTE

Ho ragione di credere che Jon, seppur morto nell'ultima puntata (che ha sconvolto le fangirl), sarà resuscitato.
Andiamo con ordine.

Ci sono due motivi.
Il primo: perché, a parer mio, ma non solo, verrà salvato da Melisandre. Si è visto infatti con Thoros di Myr e il Lord della Folgore (i banditi incontrati da Arya nella stagione addietro), che i sacerdoti rossi sono in grado di riportare alla vita. Questa mia tesi è avvalorata dal fatto che nei libri Melisandre non segue Stannis in battaglia, ma rimane nei paraggi di Jon per tutto il tempo; nella serie tv, Melisandre si allontana e segue Stannis, ma guarda caso, torna appena prima del finale.

Il secondo motivo riguarda le teorie sulle vere origini di Jon Snow, su cui i fan fantasticano da anni e che, secondo alcuni, sono convalidate dal fatto che, quando Jon viene accoltellato, dalle sue ferite "esce fumo". Come dalle ferite dei Targaryen.
Secondo alcuni, infatti, Jon Snow sarebbe il figlio segreto di Lyanna e Rhaegar Targaryen. I motivi per cui questa teoria sembra più che valida sono facilmente reperibili in rete.


QUINDI COME FINIRÀ GAME OF THRONES?

Daenerys si prenderà il Trono di Spade, su questo non ci piove. E ho anche una certa sicurezza nel sostenere che Jon Snow sarà al suo fianco.
Perché le profezie, nell'universo di Martin, si avverano sempre, anche se in modi strani. Una profezia è quella che Maggie la Rana fa a Cersei: una regina più bella di lei le ruberà tutto ciò che possiede. Non credete davvero che sia Margaery, vero?
L'altra profezia è quella di Azor Ahai, e che può riguardare sia Daenerys che Jon: entrambi infatti hanno dovuto sacrificare qualcuno che amavano (Drogo e Ygritte), entrambi sono "puri di cuore".
Che cosa succederà dunque?

Credo che sia inevitabile il confronto tra Daenerys e gli Estranei, per due motivi: primo, nessun altro può fermare gli Estranei; secondo, al momento Daenerys è troppo forte, con quei suoi draghi (non credete che basteranno i dothraki a fermarla, vero?). Quindi al momento non c'è nessuno che può battere gli Estranei, e non c'è nessuno che può battere Daenerys. Dunque il confronto tra le più grandi potenze di Westeros è ovvio. Sarebbe troppo facile se Dany scendesse nel Continente Occidentale, no?
Inoltre, così incontrerà Jon Snow e, nella migliore tradizione Targaryen, si sposeranno.



Bene, io ho finito con le mie teorie, vòlte a dimostrare che Game of Thrones intreccia elementi da fantasy tradizionale con elementi innovativi, ma con una certa sicurezza posso affermare che le basi su cui GoT si regge sono quelle del fantasy classico.
Se Jon, Daenerys, Arya o Bran moriranno definitivamente, allora sì che sarò sorpresa. E, forse, un poco delusa.

Voi cosa ne pensate?
ASPETTO I VOSTRI COMMENTI.
Intanto vi ringrazio per avermi seguito fino a qui. Vi siete meritati un Hodor.


mercoledì 3 giugno 2015

Addio a Stoccolma


"D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie,
ma la risposta che dà a una tua domanda."
(I. Calvino, Le città invisibili)



A Stoccolma ho trovato le risposte nelle canzoni cantate in tante lingue diverse; nelle feste del Caffè Bojan; nell'aurora boreale, così bella e inquietante; nelle partite di hockey; nella zuppa calda regalata da un barista impietosito; nella neve che copre ogni cosa; nella primavera che arriva lenta e tanto desiderata; negli alberi con cui abbiamo fatto lunghe e intense chiacchierate; nelle porte automatiche che si aprono solo perché usiamo la Forza; negli occhi del mio Pirata quando, dopo tante settimane, ci ritroviamo.

Di certo la risposta non è mai in fondo a un bicchierino di shot, ma a volte è nascosta per strada. Se vuoi averla, basta perderti con un amico per le vie della città e vedere il sole che, alle tre del mattino, comincia a salire.

Di Stoccolma ricorderò i palazzi bellissimi di Östermalm, i coniglietti di Vasastan, i ciliegi di Kungsträdgården, e la città invisibile che solo io ho vissuto.
Di Stoccolma ricorderò soprattutto le persone che ho incontrato.

Quando, oggi, lascerò la mia Stoccolma, ho delle risposte da portare a casa.
Le domande restano un segreto.

lunedì 25 maggio 2015

Una scribacchina nei caffè di Stoccolma


Qualche settimana fa, la mia compagna di stanza mi ha detto: "Ma che razza di scrittrice sei?"
In effetti, ero in pigiama, con accanto una tazza di caffè solubile, e battevo sui tasti con la stessa foga con cui Davy Jones suona l'organo.
Non esattamente l'idea di scrittrice che la mia room mate, o chiunque altro, ha in mente.

Foto di Jennifer Sandstrom
Così ho preso una decisione drastica: volevo fare come le scrittrici vere.
O almeno come le vere scribacchine.
Basta pigiama.
Basta caffè solubile, per carità.

Ho conservato solo la foga di Davy Jones.
Con quella e il mio fedele computer portatile e mi sono incamminata per le vie di Stoccolma.

Ricordavo infatti un delizioso caffè nel quartiere dove vivo, Vasastan. Il caffè si chiama Borgs Bageri, ed è una meraviglia. Sembra di stare in un salottino ottocentesco.
Perfetto, mi sono detta.

Sono entrata sentendomi più a disagio che mai.
E se tutti si fossero messi a ridere?
Ma è accaduto tutt'altro: nell'angolo più remoto del locale, c'era già un ragazzo che scriveva a computer.

Mi sono dunque fatta coraggio. Mi sono seduta. Ho ordinato un tè al gelsomino. Ho aperto il portatile. E mi sono messa a scrivere anche io.
Pian piano le parole sono venute spontanee e mi è tornato in mente un bellissimo passo di Hemingway, da Moveable feast:

"Il racconto si stava scrivendo da solo, e io avevo il mio bel da fare a stargli dietro. Ordinai un altro rum St. James e osservavo la ragazza ogni volta che alzavo gli occhi, o quando facevo la punta alla matita con un temperamatite, e i riccioli di legno cadevano sul piattino e sotto il bicchiere.
Ti ho visto, bellezza, e adesso tu mi appartieni, chiunque sia che stai aspettando e anche non dovessi vederti più, pensavo. Tu mi appartieni e tutta Parigi mi appartiene e io appartengo a questo quaderno e a questa matita."

Al Borgs Bageri non era una matita ma un computer, e non era Parigi ma Stoccolma (e non era Hermingway ma una ben più umile Laterza).
Ma il ragazzo accanto a me scriveva, e io scrivevo, e lui mentre scriveva guardava me.

Ci siamo appartenuti un po' a vicenda.

venerdì 22 maggio 2015

Un nuovo nome per il blog:
Diario di una scribacchina


"Il momento del cambiamento è l’unica poesia."
(Adrienne Rich)

Oggi mi sono svegliata e ho modificato il nome del blog.
Adesso, come potete notare, si intitola Diario di una scribacchina.

Non c'è un motivo preciso. Solo che ogni tanto mi prende una gran voglia di cambiare.

Cambiare città, vivendo prima a Bergamo, poi a Pavia, poi a Stoccolma e presto tornerò di nuovo a Bergamo.

Cambiare colore e taglio di capelli: rossi, viola, ricci, lisci, ondulati, corti, lunghi, i miei poveri capelli ne hanno subiti di tutti i colori e di tutte le forme.

Cambiare genere. Come scribacchina mi piace sperimentare, non rimanere legata a un genere letterario o a un target.

Immagine presa dal blog "Viaggi zaino in spalla"
Cambiare tutto, insomma.

Francamente mi stupisco che il mio ragazzo sia lo stesso da tre anni.

Comunque, ringrazio chi ha letto il blog in questi anni. Ringrazio i lettori silenziosi, che ci sono ma non commentano mai (sappiate che le visualizzazioni non mentono! Ci siete, e siete anche tanti, razza di timidoni!). E ringrazio chi lascia spesso una traccia di sé.

Spero che vogliate continuare a seguirmi anche in questa nuova avventura.

giovedì 21 maggio 2015

GIVEAWAY! Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli)


Buongiorno a tutti!
Per festeggiare il compleanno di Di me diranno che ho ucciso un angelo (Rizzoli), ho organizzato un giveaway su dove è possibile vincerne una copia.

Per partecipare è sufficiente cliccare "Enter to win" nel form sottostante.

Insomma, cosa aspettate? Partecipate, condividete, scatenate l'inferno!


Goodreads Book Giveaway

Di me diranno che ho ucciso un angelo by Gisella Laterza

Di me diranno che ho ucciso un angelo

by Gisella Laterza

Giveaway ends June 20, 2015.
See the giveaway details at Goodreads.
Enter to Win
Però che cosa strana, vero? Sono passati già due anni da quando il mio romanzo è venuto alla luce.
Due anni.
È ancora piccolino, ma già comincia a correre sulle sue gambe.
Che dite, gli facciamo spiccare il volo?

lunedì 11 maggio 2015

Lettera al romanzo che ho scritto quando ero bambina


Ti ho mai raccontato del giorno in cui sei nato?
Io avevo undici anni e aspettavo fiduciosa la mia lettera per Hogwarts. Poi ho scoperto di non essere una strega, e ho deciso di diventare un pirata. Un giorno stavo disegnando un pirata bambino, a bordo della sua nave. E, ad un certo punto mi è venuta voglia di raccontare la sua storia.

Così sei nato tu, il mio primo romanzo.

A ben pensarci, forse in quel momento mi è venuta voglia di diventare scribacchina, non una fumettista o un'illustratrice, perché il disegno in questione era proprio orribile.
Ma son dettagli.

Ricordi come sei cresciuto, caro primo romanzo? Ci hai messo un anno, anno che ho trascorso a battere i tasti del computer della mamma, anzi, usando il solo dito indice (!) della mano destra perché non sapevo usare le dieci dita sulla tastiera.

A volte, tu lo sai, ti rileggo. Mi fai tenerezza per lo stile ingenuo, per la trama - onestamente - priva di senso, ma scritta con grande divertimento. Che ridere poi ritrovare quei personaggi molto semplici ma abbastanza caratterizzati, che saranno sempre così vivi per me. E che sorpresa vedere, ogni tanto, una frase che ancora oggi mi colpisce.

Per questo,
oggi ti scrivo questa lettera per dirti grazie.



Grazie per avermi insegnato per la prima volta a trovare un ordine (confuso, ma pur sempre un ordine) a trama, personaggi, idee. L'abbiamo fatto insieme, perché tu sei cresciuto con me. Dalla prima pagina all'ultima il tuo stile cambia, evolve, matura, man mano che imparavo a padroneggiare la scrittura, che è materia liquida e scivolosa, che non mi ascoltava se io per prima non imparavo ad ascoltarla.

Grazie per avermi insegnato il piacere di raccontare, e l'importanza di riascoltarmi. Perché ti ho letto, dalla prima pagina alla pagina 124, a mia sorella, che all'epoca aveva nove anni ed era - come è adesso - un'avida divoratrice di storie, ma preferisce quando qualcuno gliele racconta. 

Grazie perché mi hai insegnato il piacere di scrivere. Ogni volta che mi rimetto davanti al computer o che prendo in mano una penna, io ritorno all'infinito divertimento che solo una bambina di undici può provare nel creare una storia.
Grazie.

lunedì 4 maggio 2015

A voi che fate vivere il mio angelo


(Rizzoli, 2013)
Mi ha contattato qualche tempo fa una lettrice per dirmi: "Anche se troppo romantico, il tuo libro è bello."
In una recensione invece un'altra sottolinea che il mio romanzo è una rappresentazione cinica e spietata della vita. Altri l'hanno definito una favola moderna, altri un polpettone senza capo né coda. Infine qualcuno dichiara: "Confesso che non ho proprio capito che cosa Gisella Laterza volesse dire".
Poi la mia scrittura è matura ed elegante.
O è immatura.
O è un disastro.
I personaggi sono realistici.
O sono troppo favolistici.
O sono troppo una via di mezzo.
Il finale non ci sta.
Il finale è bellissimo.
Ma Gisella, poi, nel tempo libero, va davvero in giro ad ammazzare gli angeli?


Insomma, lettori miei, io forse vi amo proprio perché non ce la fate a mettervi d'accordo. Certo, all'inizio leggere qualche commento negativo è stato strano, ma come ho scritto in questo post, la cosa che dovrebbe spaventare di più uno scrittore non è una recensione sfavorevole: è il silenzio.

Quindi ora ringrazio tutti coloro che hanno parlato del mio libro, e che trovate qui: Recensioni.

GRAZIE!
È grazie a voi se Di me diranno che ho ucciso un angelo continua a vivere, a distanza di due anni dalla pubblicazione, in tante forme diverse. Che sono tutte vere.



mercoledì 22 aprile 2015

Il contrario di "recensione positiva"
non è "recensione negativa"


"Il contrario dell'amore non è l'odio. È l'indifferenza."
(Luca Tarenzi, God breaker)


Ciò che il saggio Luca dice su odio, amore e indifferenza si potrebbe applicare anche ai commenti di lit-blogger e utenti di Goodreads: il contrario di una recensione positiva non è una recensione negativa. È il silenzio.

Vi lancio questa provocazione.
Qual è lo scopo dell'esprimere l'apprezzamento nei confronti di un romanzo? Attivare il passaparola.
Qual è lo scopo dell'esprimere un totale disappunto nei confronti di un'opera o un autore? Far sì che nessuno lo legga. Ma spesso una stroncatura è uno strumento di promozione (involontaria) più efficace di una lode indiscriminata.

Oscar Wilde
Per molti di voi non sarà una novità, ma spero che questo possa essere uno spunto di riflessione per altri. La sostanza è: non vi piace un libro? Tacete, o limitatevi ad affibbiargli un paio di stelle su Goodreads. Dovete proprio commentare? Fatelo in modo stringato, essenziale e senza far trapelare sentimenti personali  (del tipo "Questo libro fa schifoooo! L'autrice/l'autore è una delusioneeeee! Chi apprezza questo romanzo è un frustrato misogino che ha bisogno di rivedere le sue prioritàààà!") che innescano quasi in automatico tremendi flame con i sostenitori dell'altra fazione.

Basti pensare che alcuni più grandi successi editoriali degli ultimi dieci anni (da Dan Brown a Stephenie Meyer passando per E.L. James) sono nati anche perché la gente si è accapigliata bisticciando attorno a un importante quesito: "La gente è stupida perché legge questi libri, o sono io il solo idiota a non averli ancora letti?"

Inoltre, non conoscete il motto: "Non importa come se ne parla, basta che se ne parli"? Questo è il principio per il quale gli editori inviano gratis i romanzi ai blogger: non importa se le recensioni saranno positive o negative. Importa che ci siano. Come disse il vecchio Oscar Wilde:

"C'è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé:
il non far parlare di sé."

In conclusione, non vi piace un romanzo?
Non prendetelo d'assalto sfoderando l'ardente spada della recensione negativa, ma usate il sottile, letale veleno del silenzio. Lo farete strisciare via nell'ombra e nessuno potrà nemmeno udire i suoi ultimi rantoli di agonia.

lunedì 13 aprile 2015

Saper ridere del mestiere di scrittore


"Maggiore quantità di risate un uomo riuscirà a scoprire dentro il dolore,
più egli sarà un uomo profondo."
(Aldo Palazzeschi)

Prima di continuare con i post della rubrica Galateo dello scrittore emergente, scrivo questa necessaria premessa: io uso, ho usato e continuerò a usare parecchia ironia. Che non significa derisione. Tra ironia e derisione c'è di mezzo l'Enciclopedia Treccani.


La risata di Anacleto
La prima è utile, indispensabile persino: saper ridere delle cose, e soprattutto saper ridere dei propri errori, significa riuscire a trovare un punto di vista differente e spesso più costruttivo.

La seconda, al contrario, non sarà mai un mio intento, soprattutto parlando di scrittura. Perché voler diventare uno scrittore è un sogno e come tutti i sogni ha due peculiarità: merita di essere preso sul serio; non finisce mai. Il fatto che io abbia pubblicato per Rizzoli non mi dà il diritto di sentirmi "arrivata", ma solo la consapevolezza di aver raggiunto un nuovo punto di partenza. Chi deride lo fa per umiliare, perché si sente superiore. Ma io non mi sento su un palcoscenico e mi confonde quando qualcuno mi ci mette.

Insomma, pubblicherò le puntate di Galateo dello scrittore emergente non perché ho qualcosa da insegnare, ma perché spero di avere qualcosa da condividere
Immaginate quindi di stare seduti insieme a tavola a mangiare una pizza e a chiacchierare di libri: a volte a qualcuno vien voglia di raccontare un aneddoto; a tutti, e soprattutto a me, vien voglia di prenderci un po' meno sul serio. Anche, o forse proprio perché, parliamo dei nostri sogni.

lunedì 6 aprile 2015

Galateo dello scrittore emergente:
5 comportamenti da evitare


È cosa nota: il mondo della scrittura è una selva selvaggia et aspra et forte e solo pochi romanzi, tra le oltre 60.000 pubblicazioni annuali, possono riveder le stelle.
In altre parole, tutti gli scrittori, editi o aspiranti tali, vogliono farsi conoscere. A qualsiasi costo. Con qualsiasi mezzo. Il risultato? Spesso non adottano la strategia migliore e, tramite Facebook, praticano lo stalking compulsivo ai danni di lettori, di blogger, e di altri scrittori.

Anche Snoopy scrittore condivide.
Incuriosita dallo strano fenomeno, ho raccolto un campione significativo di comportamenti di dubbio gusto, eliminando ogni riferimento per renderli irriconoscibili.

1 - Chi ti manda un mp appena accetti la sua richiesta di amicizia

Un tempo era una specie che si incontrava raramente, ma Facebook sembra essere l'habitat naturale per la proliferazione di questa strana bestia. La creatura ti blandisce con quella che pare un'innocua richiesta di amicizia, e poi zack! Appena caschi nelle sue grinfie, spalanca le fauci e rigurgita link.

Si va dall'informale

Ciao, come andiamo? Vorrei invitarti a visualizzare il booktrailer di **** perché il numero d visualizzazioni aiuta! Mi dai una mano? Bastano pochi secondi e se ti piace regalami un like! Grazie [segue, naturalmente, il link al booktrailer]

al sofisticato

Ciao Gisella, mi chiamo ***. Mi farebbe piacere se visitassi la pagina ***. Se trovassi di tuo gusto quanto pubblicato, mi faresti cosa gradita se ci aiutassi a farci conoscere dai tuoi amici e a crescere numericamente cliccando su mi piace. Approfitto dell'occasione per augurarti un fortunato e felice 2015 Grazie per l'attenzione [segue link]

al lapidario.

Salve, Gisella! E piacere di conoscerti. [segue link!]


Da notare che nessuno di loro si degna di fornire un minimo dato biografico. No, solo un saluto in amicizia, come se mi conoscesse da una vita, e poi la sequela di link.

2 – Chi ti insulta pure se rispondi loro che, semplicemente, non sei interessato.

Gentile Giselle, bentrovata. Volevo chiederLe un favore. Tra un paio di settimane uscirà il mio libro su ****, edito da ****. Mi aiuterebbe a farlo conoscere tra i suoi contatti FB e conoscenti? Quando sarà tempo, metterò la copertina sulla mia pagina FB e lo potrà condividere o copiare, oltre ovviamente a comprarlo e leggerlo, se Le interessa. Grazie mille  

La mia risposta è stata un secco: 

Grazie, ma non sono interessata. Buona serata!

E la sua? 

La ringrazio e fa bene. Ricordi però che gli scrittori seri leggono di tutto, senza preclusioni.


3 – Chi ti chiede consigli di scrittura su un genere di cui tu non ti occupi


Ciao... questa notte surreale mi ha condotto fino a te... scusami per la confidenza... i formalismi sono un'altra illusione della vita... il rispetto,quello vero,nasce dall'animo!!! Bando alle ciance volevo chiederti un consiglio su come impostare una biografia. Ho intenzione di scrivere la mia vita ma non ho titoli accademici a parte il mio ruolo sociale...il mio vissuto... Lo scibile umani insito in ognuno di noi!!! Ho scoperto il mio dono ,seguire il fiume dei miei pensieri e vorrei condividerlo con tutti...come è giusto!!!

4 – Chi spamma in bacheca

Caso unico, per fortuna, ma piuttosto spassoso. Così tanto che mi chiedo se sia vero o un troll.

Sto ultimando il romanzo *****. Sono emozionato e eccitato. E' un romanzo avvincente, coinvolgente, scritto in prima persona [...]. Il finale è straordinariamente bello. Sarà il romanzo dell'anno. Ho già diverse proposte letterarie, ma chi fosse interessato a rappresentarmi o a pubblicarmi, mi contatti. Valuterò ogni proposta con molta attenzione.



5 – Chi ti tagga in foto o ti aggiunge in gruppi con cui non hai nulla a che fare

Questa è un'altra pratica di cui non capisco il senso.

In conclusione, tutti i casi citati si potrebbero riassumere in un messaggio che, letto tra le righe, si presenta più o meno così:

Ciao, non ho idea di chi tu sia, di cosa tu legga o di cosa tu scriva, ma ho visto che hai tanti amici su Facebook e quindi devi essere per forza famosa, quindi leggi il mio libro di cui non ti dico nemmeno di cosa tratta, perché basta che io ti dica che l'ho scritto perché scatti subito il tuo interesse, giusto? Poi, dopo che l'avrai letto, mi raccomando, parlane a tutti i tuoi contatti e rendimi tanto famoso. Grazie e ciao.

Funziona?