In questa rubrica vi segnalerò di volta in volta le recensioni che il
mio romanzo ha ricevuto, postando qui poche frasi significative, e
rimandando ai rispettivi blog o siti per la recensione completa.
"Di me diranno che ho ucciso un angelo è una bellissima storia d'amore, raccontata attraverso forti emozioni e riflessioni che trasudano in ogni pagina del libro. Ogni capitolo è una lezione di vita da imparare e una lezione da superare per migliorarsi. "
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Tessa guardò Will. “E tu? In che cosa credi?” “Pulvis et umbra sumus”, recitò Will senza
guardarla. “Credo che siamo polvere e ombra. Cos’altro c’è?”
TRAMA Tessa Gray, orfana sedicenne, lascia New York dopo la morte della zia con cui viveva per raggiungere il fratello ventenne Nate, a Londra. Unico ricordo della vita precedente, una catenina con un piccolo angelo dotato di meccanismo a molla, appartenuto alla madre. Quando il fratello maggiore scompare all'improvviso, le ricerche portano la ragazza nel pericoloso mondo sovrannaturale della Londra vittoriana. Sarà rapita, ingannata,sfruttata per la sua straordinaria capacità di trasformarsi e assumere l'aspetto di altre persone. La salveranno due Shadowhunters, Will e Jem, destinati a combattere i demoni, nonché a mantenere l'equilibrio tra i Nascosti e fra questi e gli umani. Tessa sarà costretta a fidarsi. Si unirà a loro nella lotta contro i demoni per poter imparare a controllare i propri poteri e riuscire finalmente a trovare Nate. Ma tutto ciò la porterà al cuore di un arcano complotto che minaccia di distruggere gli Shadowhunters, e le farà scoprire che l'amore può essere la magia più pericolosa di tutte.
Essere diversi significa, forse, sentirsi un po’
soli.
E Tessa, non appena arriva a Londra in una
giornata grigia del 1878 si sente molto sola.
Se in tutto il mondo non c’è nessuno a cui importa
di te, esisti davvero?
La ragazza, infatti, non appena arriva a Londra, viene catturata da due streghe, dette Sorelle Oscure, che le insegnano, suo malgrado, a usare una capacità che Tessa non sapeva di possedere: può tramutarsi in un'altra persona semplicemente toccando un oggetto di sua proprietà.
La sera in cui Tessa porta a compimento il suo addestramento, un ragazzo fa irruzione nella casa delle Sorelle Oscure. E' Will, uno Shadowhunter, un cacciatore di demoni e un ragazzo di diciassette anni con una pazienza limitata e spropositate manie di protagonismo. In una scena esilarante che mescola l'azione con l'irresistibile ironia che caratterizza lo stile di Cassandra Clare, Will aiuta Tessa a scappare dalle Sorelle Oscure, e la porta all'Istituto, il rifugio degli Shadowhunters.
Qui la ragazza viene accolta da Charlotte, la donna brillante e tenace che gestisce l'Istituto, e da suo marito Henry, sbadato e distratto inventore.
E qui Tessa si prepara ad apprendere la verità su di sé. Non è umana come ha sempre creduto, e probabilmente nemmeno i suoi genitori lo erano.
“Dunque mi stai dando ragione. Questo è ciò che è
reale, e la vita che avevo prima era un sogno.”
La ragazza si trova a fare i conti, dunque, con la sua nuova identità.
E con dei nuovi sentimenti. C'è, infatti, qualcosa in Will che, mentre sembra respingere tutti gli altri, attrae Tessa sin dal momento in cui lui l'ha salvata. Will non è un cavaliere e non è un eroe. E ha qualcosa di oscuro che, inutile dirlo, fa parte del suo fascino.
Tessa guardò il ragazzo. Aveva quell’espressione
che trovava così strana e irresistibile… quel divertimento che non sembrava
andare oltre la superficie dei suoi lineamenti, quasi che trovasse ogni cosa al
mondo infinitamente buffa e infinitamente tragica.
Il rapporto tra Tessa e Will è teso e complicato, anche perché entrambi hanno un certo caratterino. Tessa, infatti, come Clary della serie regolare di Shadowhunters, è una ragazza tosta, che nel corso della vicenda si rivela coraggiosa e arguta. I confronti tra lei e Will sono sempre esilaranti.
Will sorrise: “Alcuni di questi libri sono
pericolosi. È saggio essere prudenti.” “Bisogna sempre essere prudenti con i libri e con
ciò che contengono”, disse Tessa, “perché le parole hanno il potere di
cambiarci.” “Non sono sicuro che un libro mi abbia mai
cambiato”, ribatté Will. “Be’, c’è un volume che garantisce di insegnare a
trasformarsi in un intero gregge di pecore.”
Ma c'è un altro personaggio che fa battere il cuore di Tessa, anche se ha un carattere opposto a quello di Will. Si tratta di Jem, un altro cacciatore che vive all'Istituto. Tanto Will è irascibile e dissacrante quanto Jem è dolce e lieve come la luce della luna. Ha un fascino etereo, ma non meno misterioso di quello di Will. Anzi, forse è proprio dietro i sorrisi indecifrabili di Jem che si nasconde il segreto più terribile e profondo.
Significativo il modo in cui la Clare fa conoscere a Tessa i due protagonisti maschili della vicenda: mentre Will conosce Tessa combattendo per lei, Jem le appare all'Istituto mentre, sotto i raggi della luna, è intento a suonare il violino.
Qualcuno era in piedi nella chiazza quadrata di luce lunare davanti alla finestra. Un ragazzo - sembrava troppo esile per essere un uomo adulto - con un violino appoggiato alla spalla. La sua guancia aderiva allo strumento e l'archetto andava avanti e indietro sulle corde, traendone note belle e perfette quali Tessa non aveva mai sentito.
Insomma, Jem, Tessa e Will basterebbero da soli a creare un bel romanzo. Ma non sono soli: anche i personaggi di contorno appaiono ben caratterizzati, sfaccettati e diversi come possono essere tra loro le armi di un Cacciatore. Henry e Charlotte sono ben delineati nel loro rapporto dolceamaro, che si
fonda su un grande rispetto e una grande ammirazione, ma forse non sull’amore. E anche la Cacciatrice Jessamine, all'apparenza così frivola, è in realtà più complessa, più umana.
Eppure, il fascino di Shadowhunters - Le origini non sta solo nei suoi personaggi.
Sta anche nella trama che, a differenza della serie regolare, ho trovato meglio sviluppata, con il giusto bilanciamento tra azione e descrizione. E' un ritmo che invoglia a leggere e insieme permette di gustare la vicenda, ricca di colpi di scena imprevedibili, mozzafiato.
E sta nell'ambientazione, quella Londra di fine '800 inquietante e avvolgente come un abbraccio freddo. Leggendo, ci si sente proprio lì, anche grazie alle citazioni tratte da romanzi di quell'epoca, che, poste all'inizio di ogni capitolo, impreziosiscono il libro.
In conclusione, ho trovato questo primo romanzo della serie Le origini uno dei più interessanti che abbia letto nel panorama dell'urban fantasy. Come ogni buon young adult, Shadowhunters - Le origini tratta con originalità i temi ricorrenti di questo genere: l'amore, così tormentato e oscuro, come un'esperienza nuova e terribile; l'amicizia, come quella intensa e profonda che lega Will e Jem; la ricerca di un posto nel mondo, così difficile da trovare per una come Tessa, che non sa nulla da dove venga, e non sa dove sarà diretta. Shadowhunters - Le origini ha anche qualcosa di più: è un viaggio alla ricerca della nostra identità attraverso quella parte oscura di noi stessi che non vorremmo mai vedere. E' un viaggio attraverso le tenebre dove, alla fine, non è detto che si trovi la luce. Ma è un viaggio da percorrere, perché alla fine il premio è scoprire chi siamo, per quanto possa far paura.
Non vedo l'ora di procurarmi il seguito, Il principe, e il volume conclusivo, La principessa, uscito martedì in libreria.
E non vedo l'ora di scoprire cosa accadrà a questi personaggi strani e indimenticabili. Chissà come evolveranno i rapporti tra loro. Chissà se sveleranno le luci e le ombre del loro passato.
Shadowhunters, La Serie
1.
Shadowhunters - Città di ossa
2.
Shadowhunters - Città di cenere
3.
Shadowhunters - Città di vetro
4.
Shadowhunters - Città degli angeli caduti
5.
Shadowhunters - Città delle anime perdute
Shadowhunters - Le origini
1. Le origini. L'angelo
2. Le origini. Il principe
3. Le origini. La principessa
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“Gisella Laterza regala una nuova sfumatura a questo genere letterario spogliandolo dei soliti cliché ed invertendo i ruoli. La storia di Gisella è impregnata di magia, la sua protagonista è affascinata dall'ignoto quanto lo sarebbe chiunque, ma la sua creatura mitologica non è come tutte le altre: il suo angelo senza nome è una delle creature più dolci e genuine mai incontrate in un romanzo.”
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Oggi vi segnalo il romanzo d'esordio di Giorgia Penzo che, così a occhio, sembra molto diverso dai soliti libri di vampiri...
Red Carpet, di Giorgia Penzo
GDS (2013)
TRAMA
In un presente alternativo, il vampirismo non è più un morbo da debellare ma una risorsa sulla quale investire. Lo sa bene Elizabeth “Lise” Scott, giovane e arrivista responsabile delle negoziazioni alla Immortality Awaits Corporation, l’unica società al mondo in grado di rendere reale il più grande sogno dell’uomo: vivere per sempre. Elizabeth è un brillante avvocato specializzato nella difesa dei vampiri e il legale personale del presidente dell’Immortality Awaits, Ryan J. Constant, uno dei pochissimi pluricentenari in grado di trasmettere il virus dell’immortalità attraverso il proprio sangue. L’arrivo di Adam Reese, arrogante immortale del Vecchio Mondo con un conto in sospeso con il passato, costringerà Elizabeth ad affrontare la sfida più importante della sua carriera. Obbligata dalle circostanze e dal suo orgoglio, si ritroverà al cospetto di un misterioso tribunale segreto – la Corte di Erebo – in un processo che affonda le sue radici ai tempi della Rivoluzione francese.
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Il romanzo, breve ma molto intenso, è bello, pulito, allusivo, pieno di frasi da sottolineare cento volte. Lo stile è infatti molto poetico eppure semplice, lineare: riesce ad esprimere grandi concetti con una naturalezza disarmante.
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Non basta una bella idea per scrivere un bel
romanzo.
È questo che, purtroppo, ho pensato leggendo Corner’s Church.
Corner's Church
di Matteo Zapparelli
TRAMA
Un thriller carico di suspense che vi trascinerà in un vortice di violenza e mistero, nel quale nessuno è davvero chi sembra. Perché qualcosa di terribile sta accadendo a Corner's Church, e nulla sarà più come prima.
Alex Snyder, detto il Biondo, è un agente federale la cui unica ossessione è quella di trovare e ammazzare con le proprie mani un pericoloso serial killer, soprannominato Serpe, che ha ucciso il suo più caro amico e collega Bob. Il Biondo è un uomo malato, al quale un grave tumore al cervello ha concesso al massimo un paio d'anni. La sua vita non ha più alcun valore. Pur di trovare Serpe è disposto a tutto, scendendo a qualsiasi compromesso.
Seguendo le tracce dell'assassino il Biondo giunge a Corner's Church, una minuscola cittadina del Colorado, dove stringe un patto con il vicesceriffo Benson, un uomo arrivista e svogliato, il cui unico interesse è concludere la carriera in bellezza. Tenendo nascosto il caso all'FBI, Benson spera di prendersi tutti i meriti, lasciando al Biondo la sua personale vendetta.
E' un gioco perverso, quello di Serpe, ma è un gioco nel quale solo il Biondo è protagonista...
Forse la mia delusione è stata acuita dalla
consapevolezza che l’autore sa
scrivere bene: il primo capitolo, infatti, mostra una grande cura sotto molti
punti di vista. È un incipit intrigante, con un misterioso individuo che sfreccia
nella notte con l’auto piena di mozziconi di sigarette e la testa piena di imprecazioni
non pronunciate. Il paesaggio in cui la macchina corre riflette l’animo
distorto e rancoroso del protagonista.
«La statale è una distesa senza fine di nero
asfalto, una striscia dritta che procede per chilometri violentando la foresta
sconfinata e impenetrabile che la circonda.»
Peccato che poi, dal secondo capitolo in
avanti, la qualità della narrazione subisca un tracollo.
Innanzitutto, il Capitolo 2 è tutto in corsivo
e in prima persona. Viene da chiedersi: cos’è questo capitolo? Dei pensieri,
una lettera, una pagina di diario? Per essere dei pensieri, sono scritti in
modo troppo lineare, con qualche chicca stilistica adatta a un testo
letterario, non al flusso di coscienza di un detective cinico, prosaico e
decisamente arrabbiato con la vita. Insomma, si ha l’impressione che il
capitolo sia stato inserito solo per riepilogare l’antefatto senza sprecare
troppe pagine. È un brano che si potrebbe eliminare, poiché l’antefatto viene
ripreso continuamente nei pensieri del protagonista lungo tutto il corso della
storia.
Proseguendo oltre, si nota che lo stile, come
purtroppo accade spesso quando si tratta di un’autopubblicazione, è sempre meno
curato. Le frasi sono meno ragionate, meno intense e meno originali, e
diventano, invece, ricorrenti espressioni banali del tipo “la polizia
brancolava nel buio”, “partire per la tangente”, “non le dà via di uscita”,
“occhi iniettati di sangue”, “è un’arma a doppio taglio”, eccetera.
Tra le altre cose, ci sono alcuni errori di
battitura (“quanto” anziché “quando”), e addirittura alcuni errori grammaticali
(“d eufonica”, uso spesso scorretto della virgola, uso di “gli”, quando il
contesto richiede “le”, pronome femminile). C’è anche la tendenza a mettere
inserti inutili, i quali, anziché aggiungere senso, fanno singhiozzare il ritmo
della frase.
Ma il difetto più fastidioso è la confusione
dei punti di vista.
Ad esempio, sembra che l’autore stia riportando
il punto di vista del vicesceriffo Benson di Corner’s Church, e invece troviamo
che Snyder viene chiamato “il Biondo”. Ma Benson non è a conoscenza del
soprannome di Snyder (che gli è stato dato quando lavorava nell’FBI), quindi
“Biondo” non dovrebbe comparire nei brani dedicati al punto di vista di Benson.
E questo non è l’unico caso. Per tutto il
romanzo c’è un continuo mescolarsi di osservazioni che, nella stessa frase,
appartengono ora a un personaggio ora a un altro, senza un’alternanza logica e
chiara.
Oltre ai difetti stilistici, si hanno, poi,
degli elementi che, lasciati senza spiegazione, possono lasciare scettico il
lettore. Dalle ferite di una vittima si dovrebbe dedurre il luogo in cui
avverrà il prossimo omicidio? In che modo? Questa informazione con una
spiegazione avrebbe reso tutto molto interessante e originale, ma senza un
chiarimento fa scricchiolare il realismo della storia.
Infine, ho lasciato per ultimo l’errore più
clamoroso: un personaggio cambia nome nel mezzo di un dialogo. Accade nel Capitolo
15: uno che si chiamava Miller diventa Merrit all’improvviso e rimane Merrit
fino alla fine del capitolo.
Insomma, tutto quel che ho segnalato poteva
essere eliminato semplicemente con un editing più accurato.
Perché, in realtà, come ho sottolineato
all’inizio, l’idea di fondo è bella e forte, e merita di essere sviluppata.
È intrigante, angosciante e terribile l’idea di
un protagonista che sta per morire poiché gravemente malato, ma che non vuole
morire prima di prendere il serial killer che ha rubato la vita al suo migliore
amico. La caccia di Alex al serial killer è un gioco crudele e una sfida
agghiacciante, è la ricerca dell’impossibile vendetta contro la morte.
Altrettanto affascinante è il sistema dei
personaggi, incentrato sulle coppie, in cui uno dei due elementi è sempre il
protagonista Alex Snyder.
Alex e l’amico defunto Bob; Alex e Claire; Alex
e il vicesceriffo Benson; Alex e il serial killer: con ognuno di loro, il
nostro “Biondo” ha qualcosa in comune e qualcosa che lo distacca. Su questo tessuto
di opposti e rimandi si fonda una rete di personaggi finemente legata,
interessante più per ciò che accomuna Alex agli altri che per ciò che lo separa
da tutti. Alex è vivo, ma è intrappolato dall’ossessione per Serpe, il serial
killer, quanto lo è stato Bob in vita. Alex e Claire hanno avuto la stessa
infanzia difficile, e hanno la stessa voglia di ricominciare una nuova vita,
anche se non è semplice per nessuno dei due. Alex e il vicesceriffo Benson sono
entrambi meschini ed egocentrici; nonostante non lo vogliano ammettere, e
nonostante passino tutto il tempo a denigrarsi a vicenda, sono in realtà
personaggi così simili che potrebbero essere la stessa persona. E, infine, Alex
e il serial killer sono freddi, annoiati, hanno lo stesso tono amorfo, sono
entrambi indifferenti nei confronti della sofferenza e della morte delle
vittime: le povere donne uccise sono, per Alex, un modo per vendicarsi
dell’amico e, per il killer, un modo per far capire ad Alex “qualcosa”.
Che cosa? Ma questo è l’epilogo, e non si può
svelare.
In conclusione, il romanzo di Matteo Zapparelli
posa le fondamenta su idee forti e belle, ma alcuni difetti stilistici
impediscono alla storia di innalzarsi a piani superiori.
Ma Zapparelli, come dimostra nel primo capitolo,
ha tutti i numeri per liberare questa storia dai difetti, rendendola un romanzo
interessante, e attendiamo i suoi futuri lavori.
Tengo un diario da quando avevo undici anni. O meglio, si dovrà dire che sono tanti diari perché il numero dei volumi riempiti dalla mia grafia sinuosa e incomprensibile è ormai impressionante. Ora che ci penso, ho iniziato a raccontare la mia vita a me stessa nello stesso periodo in cui ho iniziato a scrivere il mio primo romanzo. La fantasia e la realtà sulle mie pagine sono sempre state un po' troppo vicine. Anche ora la mia vita mi sembra un romanzo che potrei aver scritto io.
Da una pagina del mio diario, 3 giugno 2011
Forse dovrei proprio smetterla di scrivere, cercando di reinterpretare la mia vita con le parole, perché, inevitabilmente, interpretare è, in qualche modo, forzare.
Dovrei sempre raccontare al presente, perché l'interpretazione del passato cambia a seconda della prospettiva. E interpretando il passato per consolarmi, commiserarmi, condannarmi (o per sentire che in fondo io sapevo, io avevo già capito, sentire che il futuro era già scritto, limpido e bellissimo) mi lascerà prigioniera di ricordi e mi impedirà di capire il presente.
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Oggi ringrazio Franci di Coffee and Books.
"Non sapevo cosa aspettarmi, poichè dalla trama mi sembrava parlasse di
tutt'altro, che si avvicinasse ai soliti young adult che sono abituata a
leggere, e invece mi sono ritrovata affascinata da una storia senza
tempo e senza spazio, immersa in una dimensione un po' ultraterrena, una
storia ricca di personaggi straordinari che hanno saputo dare un tocco
di magia a tutto il romanzo. Mi è sembrato di sognare ad occhi per
l'intera durata del libro, di trovarmi in una candida nuvola di poesia e
realtà mista a fantasia. Mi sono sentita molto Aurora, la ragazza che
raccoglie la testimonianza di quell'angelo poetico e appassionato e
resta sempre più colpita dal coraggio del giovane Piccolo Principe "nostrano". Gisella
Laterza ci ha regalato una storia che profuma di sogno, magia e fiaba,
una storia antica e moderna al tempo stesso, che non si legge tutti i
giorni ma che tutti dovrebbero leggere."
Franci, Coffee and Books
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Buona domenica, cari lettori!
Sotto l'ombrellone, si sa, si legge volentieri. Ma cosa? Curiosando tra le ultime (o le prossime) uscite di diverse case editrici, ecco tre libri che mi sono sembrati interessanti, spaziando tra tre generi diversi.
URBAN FANTASY
Tutti gli appassionati di Cassandra Clare sanno già che il 23 luglio uscirà il terzo volume della saga "Le origini".
La saga è composta da:
1. Shadowhunters. Le origini - L'angelo
2. Shadowhunters. Le origini - Il principe
e...
CASSANDRA CLARE
SHADOWHUNTERS. LE ORIGINI #3- LA PRINCIPESSA
Editore: Mondadori
Pagine: 564
Prezzo: € 17,00
TRAMA
Tessa Gray dovrebbe essere felice - le spose non sono tutte felici? Eppure, mentre si prepara per il suo matrimonio, una rete di ombre inizia a stringersi intorno agli Shadowhunter dell'Istituto di Londra. Compare un nuovo demone, uno legato per sangue e segreti a Mortmain, l'uomo che pianifica di usare il suo esercito di spietati automi, the Infernal Devices, per distruggere gli Shadowhunter. Mortmain ha bisogno solamente di un ultima cosa per ultimare il suo piano. Ha bisogno di Tessa. E Jem e Will, i ragazzi che rivendicano lo stesso interesse per il cuore di Tessa faranno ogni cosa per salvarla.
ROMANCE
Vi segnalo questo romanzo usciro il 27 giugno per Nord.
«L’amore s’intreccia alla suspense in un romanzo adatto a tutti i palati. Aimee Agresti ha fatto centro.»
Publishers Weekly
AIMEE AGRESTI
IL FASCINO DEL PECCATO
TRAMA
Colonne di marmo, scalinate vertiginose, lampadari di cristallo: finalmente il Lexington Hotel sta per tornare al suo antico splendore. E, per la giovane Haven, la riapertura dello storico albergo di Chicago rappresenta un’opportunità imperdibile. Dopo una durissima selezione, la ragazza è stata infatti assunta come fotografa: ben presto, potrà entrare in contatto con molti personaggi influenti e iniziare così una carriera di successo. Bastano pochi giorni, però, perché Haven si renda conto che quel lavoro nasconde un lato da incubo, fatto di orari assurdi, meschinità e richieste impossibili da soddisfare. Per fortuna il suo supervisore, Lucian, è una persona molto comprensiva, oltre che un uomo incredibilmente affascinante… Determinato, ambizioso e sempre circondato da splendide donne, Lucian è un vero seduttore ma, benché sia molto attratta da lui, Haven non vuole essere l’ennesima conquista e, soprattutto, non si fida. Sarà per il mistero che circonda alcune zone dell’albergo – dove Lucian le proibisce di andare –, per l’asprezza con la quale lui a volte rimprovera i colleghi o per il fatto che non voglia mai essere fotografato? È come se la gentilezza e la disponibilità di Lucian fossero una facciata, una maschera dietro cui si cela un animo oscuro e molto pericoloso…
NARRATIVA ITALIANA
E infine vi segnalo un libro non fresco di stampa, ma che sta continuando a far parlare di sé...
ANDREA VITALI
UN BEL SOGNO D'AMORE
A Bellano gira voce che presso il cinema della Casa del Popolo verrà proiettato Ultimo tango a Parigi. Siamo nel febbraio del 1973, e per i vicoli del paese spazzati dal gelo si scatena una guerra senza frontiere. A combattersi, due fazioni ben distinte: da una parte gli impazienti che fantasticano a briglia sciolta sulle vertiginose scene di nudo che ci si aspetta di vedere sullo schermo; dall'altro, schierati con il parroco, coloro che pretendono di evitare a Bellano una simile depravazione, e snocciolano rosari come se fossero impegnati in una guerra preventiva contro il demonio. I tempi però sono cambiati, e nulla può fermare il «progresso» né, tanto meno, intralciare gli affari di Idolo Geppi, gestore del cinema, che ha provveduto per tempo a maggiorare i prezzi dei biglietti. Ma Idolo non è l'unico ad approfittare dell'occasione. Adelaide, giovane e volitiva operaia del cotonificio, mette con le spalle al muro Alfredo, il fidanzato eternamente indeciso su ogni cosa: o la porterà al cinema o lei ci andrà lo stesso, magari con quel bel fusto di Ernesto, che le ha già messo gli occhi addosso e che a lei non dispiace neanche un po', per quanto sia una testa matta e non ci voglia molto a capire che presto o tardi finirà per mettersi nei guai. Cosa che puntualmente accadrà di lì a qualche mese, quando Ernesto finirà implicato nel contrabbando di sigarette riuscendo a inguaiare la stessa Adelaide. In Un bel sogno d'amore, con un pizzico di nostalgia e con grande divertimento, assistiamo alla messa in scena di un paese scosso dalla modernità che si insinua fra le contrade sotto forma di ammiccanti locandine cinematografiche, attraversato da una criminalità ancora romantica e pasticciona che gioca a guardie e ladri con i carabinieri della caserma locale inscenando sgangherate azioni fuorilegge, e animato dalla normalità di chi spera in un amore felice che possa coronare il sogno di una famiglia come si deve.
Quali avete già letto? O quale vi ispira di più? ;)
E
se ha fatto così tanto parlare di sé, un motivo ci sarà.
Anzi,
più motivi.
Quasi
tutti negativi.
TRAMA
The Vincent boys
di Abbi Glines
Mondadori (2013)
Le brave ragazze vanno in paradiso, quelle cattive vivono passioni sconvolgenti...
Ashton, brava ragazza di "professione", cerca di non deludere i suoi genitori e gioca il ruolo della fidanzata perfetta di Sawyer Vincent, il ragazzo che tutte vorrebbero.
Ma durante le vacanze estive, mentre Sawyer è in campeggio con il fratello, Ashton inizia ad avvicinarsi a Beau, cugino di Sawyer, terribilmente sexy. E terribilmente pericoloso... Il ragazzo da cui tutte dovrebbero stare alla larga. Beau, che ha sempre voluto bene a Sawyer come a un fratello, ama Ashton fin dai tempi dell'asilo, considerandola però la "ragazza di suo cugino" e, dunque, off limits.
Che sia giunto il momento di abbandonare le maschere e di lasciarsi andare ai sentimenti veri? Più Ashton e Beau cercano di stare lontani più il desiderio si fa irrefrenabile. La tenera amicizia che li legava da piccoli si trasforma in attrazione travolgente, impossibile da combattere...
Come reagirà Sawyer nel trovare la sua ragazza tra le braccia del cugino e migliore amico?
C'è sempre una prima volta per "tutto": per l'amore, per la gelosia, per scoprire chi siamo veramente...
Il fatto che lei si chiami Ash
("cenere") e lui Beau (maschile di Belle, in francesce) mi
ha indotto subito a pensare (causa la mia mania per la Disney, lo ammetto) a uno strano
incrocio tra Cenerentola e La bella e la bestia.
Ash sembra,
in effetti, una sorta di Cenerentola al contrario: dopo un
passato da mezza teppista, riesce a "sposare" il principe, cioè a
conquistare il cuore del ragazzo più bello, dolce e popolare del paese: Sawyer
Vincent. Ma sorpresa delle sorprese, anziché godersi il principe, Ash lo trova noioso da morire, e dopo
tre anni con lui, non ne può più di andare a messa tutte le domeniche.
E qui entra in gioco il
cugino, Beau Vincent, che, come la Belle della fiaba Disney (ma senza
vestiti dorati, anzi, diciamo pure senza vestiti), proverà a far emergere la
"vera Ash" nascosta sotto la maschera che Ash stessa si è costruita. La cosa divertente è che,
mentre la Bestia era orribile fuori e buona dentro, Ash è il contrario: per
compiacere Sawyer, ha cambiato se stessa diventando una perfettina, e Beau
"rivuole indietro la vera Ash", la Ash ribelle di cui è innamorato
sin da quando era bambino.
«Mi piace pensare che la mia Ash sia ancora lì, da qualche parte,
sotto quella maschera di perfezione.»
Dunque,
quando Sawyer è fuori città, Beau e Ash, che non si parlavano
da tre anni, si riavvicinano. E succede il patatrack. Ash, che per anni è stata
perfetta, impazzisce improvvisamente e salta addosso a Beau senza rendersene
conto (ve lo giuro!).
Così, in un'estate calda come la testa di Beau, in un luogo solitario e
appartato come un neurone nella testa di Ash, la nostrainnocente
protagonista finirà per lasciarsi prendere dalla passione e per perdere la verginità con il cugino del proprio ragazzo.
Ed
eccoci al motivo per cui questo romanzo è stato tanto chiacchierato: le scene
erotiche.
Credo
di avere qualcosa che non va. Perché a me le scene erotiche hanno fatto morir
dal ridere. Saranno le frasi che si scambiano i protagonisti. Dal
tenero: «Porca puttana, Ash. La tua patatina stretta è mia. Hai capito?
Mia!», al dolcissimo complimento: «Come sei stretta... Sei
pazzesca, Ashton.»
In generale, Beau non brilla per il
suo linguaggio aggraziato. E' una delle due voci narranti del romanzo (si può
immaginare quale sia l'altra) e i suoi pensieri sono tutti "cazzo" e
"patatina", intervallati da lunghi, estenuanti momenti in cui ripensa
a Ash, vuole Ash, vuole stare con Ash, spogliare Ash, perché Ash è tutta la sua
vita ecc ecc.
E intanto Ash cosa fa?
E' tormentata perché, mentre lei
vorrebbe Beau, tutti si aspettano che stia con Saywer perché Sawyer è
perfetto! Avete capito? La ragazzina che fa tanto la ribelle passa tre quarti
del tempo a farsi problemi su cosa penserà la gente di lei! Nel
frattempo, naturalmente, continua a pensare a Beau, vuole Beau, vuole spogliare
Beau (con l'assoluta approvazione della nonna, tra l'altro!).
Ogni tanto, fugacemente, passa
l'immagine di Saywer, povero martire con fette di prosciutto sugli occhi. Ash e
Beau si sentono in colpa un po', ma qualche ora di attività aerobica fa dimenticare
tutto subito!
Ma quel che mi ha scandalizzato del
romanzo non è l'assoluta schizofrenia di Ash (che cambia umore con la velocità
con cui cambia il perizoma), non sono le scene di sesso ai limiti del ridicolo... Quel che ho trovato intollerabile,
da lettrice e quindi da ragazza, è leggere come Beau e Sawyer vedono Ash.
Può
anche starci che Beau dica frasi del tipo “La tua patatina è mia”. A me
farebbero ridere, ma che ognuno abbia pure i suoi gusti!
Quel che è inconcepibile è il fatto che Beau consideri Ash una sua
proprietà. Un suo premio.
«Lei era mia, maledizione. Non potevo restituirla a Sawyer.»
e
ancora:
«Lo odiavo perché si stava riprendendo Ashton.»
e mentre rievoca la sua infanzia,
Beau dice queste parole atroci:
«Non avevo mai invidiato niente a Sawyer. [...] Aveva sempre avuto
tutto ciò che io non avevo [...] Ma poi, come ciliegina sulla torta della sua
vita perfetta, Sawyer si prese anche la mia ragazza. L'unica cosa che
consideravo mia fino alla fine era diventata sua.»
Ma
stiamo scherzando? È una ragazza, non un sex toy!
A
proposito, apro una parentesi.
Mi
rivolgo a voi, lettrici che avete amato The Vincent Boys perché
vi siete immedesimate nella protagonista. E vi chiedo sinceramente: come
potete trovare attraente un ragazzo che vi considera solo un oggetto?
Perché è questo che succede nel romanzo.
Sawyer
considera Ash non come una ragazza dotata, grazie al cielo, di desideri
sessuali, ma la vede solo come un idolo da non toccare assolutamente, una
specie di donna-angelo (ma il 1200 è passato da un po’!).
Beau,
al contrario (ma, in fondo, allo stesso modo), la considera un premio, un
trofeo da godere una volta conquistato.
Insomma, poco
importa che uno non la tocchi neanche con un fiore e che l’altro la tocchi
ovunque e con ogni parte del corpo. Quel che conta, e che personalmente mi
disgusta, è che entrambi i Vincent boys considerino Ash come un
oggetto.
Quindi
rinnovo la domanda, care lettrici: cosa trovate di erotico ed eccitante
nell’essere trattate non come una persona dotata di volontà e desideri, ma come
una bella, inerte, statuina?
E
chiudendo la parentesi, chiudo anche l’articolo.
Affezionata all'epic fantasy, ho scoperto da poco la sua variante "urbana" e, navigando nel marasma dei libri appartenenti a questo genere, mi sono imbattuta in Shadowhunters. E ne sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Per prima cosa, qualche informazione sulla serie per chi, come la sottoscritta di qualche giorno fa, ancora non la conoscesse.
Shadowhunters è una saga ideata dalla gotica e, al tempo stesso, vivace penna di Clarissa Clare. Edita in Italia da Mondadori, è attualmente al quinto volume.
Da Città di ossa, primo capitolo della saga, è stata tratta un'edizione cinematografica, in tutte le sale italiane il 28 agosto.
In attesa del film, parliamo un po' di questo libro, che ho trovato splendido sotto alcuni punti di vista, mentre altri mi hanno poco convinto.
«“Di noi?, gli fece eco Clary. “Vuoi dire di
quelli come te? Di quelli che credono nei demoni?”
“No, di quelli che li uccidono”, disse
Jace.»
Shadowhunters
- Città di ossa,
di Clarissa
Clare
Mondandori
(2010)
La sera in cui la quindicenne Clary e il suo migliore amico Simon
decidono di andare al Pandemonium, il locale più trasgressivo di New
York, sanno che passeranno una nottata particolare ma certo non fino a
questo punto. I due assistono a un efferato assassinio a opera di un
gruppo di ragazzi completamente tatuati e armati fino ai denti. Quella
sera Clary, senza saperlo, ha visto per la prima volta gli
Shadowhunters, guerrieri, invisibili ai più, che combattono per liberare
la Terra dai demoni. In meno di ventiquattro ore da quell'incontro la
sua vita cambia radicalmente. Sua madre scompare nel nulla, lei viene
attaccata da un demone e il suo destino sembra fatalmente intrecciato a
quello dei giovani guerrieri. Per Clary inizia un'affannosa ricerca,
un'avventura dalle tinte dark che la costringerà a mettere in
discussione la sua grande amicizia con Simon, ma che le farà conoscere
l'amore.
Quando si scopre un mondo nuovo, è bello
assaggiarlo lentamente: se lo scrittore ti obbliga a divorarlo, perdi parte del
gusto.
Ed è proprio questo che succede con Shadowhunters – Città di ossa: il ritmo
incalzante non si ferma mai; le cosa accadono e vengono accantonate pagina dopo
pagina; leggere è fare un tuffo e restare in apnea senza alcuno spazio per
fermarsi a respirare.
A questo susseguirsi di eventi, come se non
bastasse, si alterna uno stormo di presunti colpi di scena (in realtà piuttosto
scontati). Per prima cosa, questo è un romanzo in cui sconvolgenti rapporti
famigliari spuntano come funghi. E inoltre, se uno dei protagonisti ha un
problema, può star certo che all’ultimo momento, quando la lama nemica starà
per vibrare il mortal fendente, comparirà un personaggio che salverà la
situazione disperata.
Città di ossa,
comunque, al di là del ritmo che leva il fiato e dei colpi di scena che,
in realtà, sono prevedibili fin dalle prime pagine, non è un brutto romanzo.
Anzi, è, tra gli urban fantasy che stanno avendo maggior successo, uno di
quelli che ho apprezzato di più.
Cassandra Clare sa, infatti, mescolare gli
ingredienti tipici del genere condendoli con sana ironia, solitamente così rara
che è un piacere trovarla.
Clary, la protagonista, è una ragazzina
capace di rispondere a tono, strappando più di un sorriso al lettore. È poi, cosa piuttosto rara tra le sue colleghe di genere, in grado di usare il cervello (anche se a volte è giustamente
traumatizzato dall’affastellarsi di demoni nella sua vita).
Ed è una ragazzina che, da brava protagonista di young adult, si innamora del ragazzo
sbagliato.
A proposito...
Credo sia difficile, per una lettrice, non buttare
un occhio su Jace. Chi è Jace? Be’, è il tipico-bel-tenebroso-e-orfano-dal-passato-difficile-e-dal-sorriso-sbruffoncello-che-però-quando-si-innamora-diventa-dolce.
Vi sembra di aver già sentito qualche personaggio che abbia le stesse
caratteristiche? Per forza: tutti, ma
proprio tutti, i protagonisti di uno young adult sono così.
E se sono così, un motivo ci sarà: funzionano
sempre.
Prendete un biondino, toglietegli la maglietta,
dategli un’aria da bad boy dal cuore infranto, e avrete il perfetto
protagonista del genere.
Ma Jace, che lo vogliate o no, ha qualcosa in più,
qualcosa con cui farà abbassare la guardia anche alle lettrici,
come me, più ciniche e genericamente ostili verso questi esemplari di "maschi da
romanzo". Che cosa ha Jace di irresistibile? L’ironia che, come ho detto, è tipica dello stile di
Cassandra Clare, e appare soprattutto in Clary e nel nostro biondino.
«"Non hai mai sentito dire che la qualità più attraente in una persona è la modestia?"
"Vale solo per le persone brutte", rispose Jace.»
Anche gli altri personaggi, sebbene meno
caratterizzati dei protagonisti, sono ben riusciti: dalla barbie fascinosa
Isabelle al dolce e distaccato Alec, alla misteriosa madre di Clary, Joscelyn,
che è il cardine di tutta la vicenda. Qualche dubbio, invece, su Simon: anche
lui rientra nella tipica gamma di personaggi da young adult, ma resta attaccato
allo stereotipo del migliore amico.
Parlando dello stile, quel che mi ha colpito sono
le metafore e le similitudini strane ma originali, quasi artistiche. Solo qualche esempio:
«Come burattini attaccati a dei fili, Clary e Raphael guardono contemporaneamente in alto.»
«E lì la vide, distesa sotto di lei, come un portagioie dimenticato aperto, questa città più affollata e affascinante di quanto avesse mai immaginato.»
Un altro elemento che affascina, insieme ai personaggi, sono i temi. Temi classici per un genere che si rivolge soprattutto agli adolescenti: l'importanza dell'amicizia, della famiglia e dell'amore e come questi tre elementi possano entrare tragicamente in conflitto; il sentirsi diversi e fuori luogo, come se si appartenesse a un altro mondo.
E infine, il tema della grande battaglia ai demoni. Comunissimo, e ancora così utilizzato. Perché? Perché, si sa, i mostri, in un fantasy, non sono mai solo mostri: sono la personificazione di tutte le paure che si hanno da ragazzi.
Non è un caso che un mostro attacchi Clary appena sua madre scompare: il Divoratore incarna chiaramente la paura di crescere, di prendersi delle responsabilità per la prima volta. La madre è sparita, e ora Clary deve cavarsela da sola. E Clary, sconfiggendo il mostro, sconfigge la propria paura di cresce, dimostrando di essere pronta a mettersi in gioco, e a scoprire la verità su se stessa.
Per questo motivo, il viaggio di Clary, tra demoni affascinanti e angeli demoniaci, ha sedotto milioni di adolescenti: perché è una fiaba gotica, un romanzo di formazione alla scoperta di sé. Un romanzo con una protagonista che sa andare oltre la magia per mostrare il mosaico di chiaroscuri che costituisce la nostra realtà.
«Vedere al di là degli incantesimi è facile. Sono la persone che sono difficili.»
- Clary
Shadowhunters, La Serie
1.
Shadowhunters - Città di ossa
2.
Shadowhunters - Città di cenere
3.
Shadowhunters - Città di vetro
4.
Shadowhunters - Città degli angeli caduti
5.
Shadowhunters - Città delle anime perdute
Shadowhunters - Le origini
1. Le origini. L'angelo
2. Le origini. Il principe
3. Le origini. La principessa
E' stato Walter Siti a stappare ieri sera la bottiglia di "liquore Strega", aggiudicandosi il prestigioso premio con Resistere non serve a niente, edito da Rizzoli.
Il romanzo del professor Siti ha meritato ben 165 voti. Uno stacco netto, dunque, rispetto ai 78 voti ricevuti da Le colpe dei padri (Piemme) di Alessandro Perissinotto, che ha strappato il secondo posto per un voto. Infatti, sul terzo gradino del podio abbiamo Paolo Di Paolo con Mandami tanta vita (Feltrinelli), 77 voti. Seguono Romana Petricon con Figli dello stesso padre (Longanesi) e per finire Simona Sparaco con Nessuno sa di noi (Giunti), 26 voti.
La dichiarazione di Walter Siti dopo aver bevuto dalla bottiglia della vittoria: «Non dedico il premio a nessuno in particolare. Ci sono persone a cui tengo e spero il libro sia stato scritto per loro»
Il romanzo.
Rizzoli - La scala Pagine: 324 Prezzo: 17 euro
Molte inchieste ci hanno parlato della famosa “zona grigia” tra criminalità e finanza, fatta di banchieri accondiscendenti, broker senza scrupoli, politici corrotti, malavitosi di seconda generazione laureati in Scienze economiche e ricevuti negli ambienti più lussuosi e insospettabili. Ma è difficile dar loro un volto, immaginarli nella vita quotidiana. Walter Siti, col suo stile mimetico e complice, sfrutta le risorse della letteratura per offrirci un ritratto ravvicinato di Tommaso: ex ragazzo obeso, matematico mancato e giocoliere della finanza; tutt’altro che privo di buoni sentimenti, forte di un edipo irrisolto e di inconfessabili frequentazioni. Intorno a lui si muove un mondo dove il denaro comanda e deforma; dove il possesso è l’unico criterio di valore, il corpo è moneta e la violenza un vantaggio commerciale. Conosciamo un’olgettina intelligente e una scrittrice impegnata, un sereno delinquente di borgata e un mafioso internazionale che interpreta la propria leadership come una missione. Un mondo dove soldi sporchi e puliti si confondono in un groviglio inestricabile, mentre la stessa distinzione tra bene e male appare incerta e velleitaria. Proseguendo nell’indagine narrativa sulle mutazioni profonde della contemporaneità, sulle vischiosità ossessive e invisibili dietro le emergenze chiassose della cronaca, Siti prefigura un aldilà della democrazia: un inferno contro natura che chiede di essere guardato e sofferto con lucidità prima di essere (forse e radicalmente) negato.
Biografia
Walter Siti, originario di Modena, vive a Roma. Ha insegnato nelle università di Pisa, Cosenza e L’Aquila. È il curatore delle opere complete di Pier Paolo Pasolini. Tra i suoi libri ricordiamo La magnifica merce (2004), Troppi paradisi (2006) eIl contagio (2008), di cui Il canto del diavolo è la naturale prosecuzione.
Sentendo le parole “talent show” accostate a
“scrittori”, ci sono tre possibili reazioni, di cui la prima è questa
La seconda è uno slancio esaltato di protagonismo.
La terza reazione, la mia, è una ponderata
curiosità.
Masterpiece è un programma che, stando a questo
annuncio, andrà in onda su Rai3 a partire da novembre. A quanto risulta dalle
prime notizie, consisterà in “una vera gara tra aspiranti ‘penne’
sottoposte al giudizio insindacabile di una giuria di noti autori, che
designeranno, al termine di prove creative e tecniche, i vincitori”.
Il problema è che non si sa ancora che format avrà
il programma. Chi saranno i giudici, tanto per cominciare, chi potrà candidarsi
alla partecipazione, in che modo si svolgeranno le gare. E, soprattutto, cosa
andrà in onda? Difficile che un telespettatore resti inchiodato allo schermo
guardando un poveretto che scrive con i riflettori (e gli occhi dello spietato
pubblico) puntati addosso.
Ed è da queste elementi che deriva la mia reazione
ambigua.
Infatti, l’idea di uno spazio in cui aspiranti
scrittori possano mettersi alla prova con sfide nuove è interessante. Un modo
diverso dal solito per allenare la penna, più pressante e non adatto ai tipi
riservati, ma di certo più stimolante di un normale concorso letterario: dover
rispettare scadenze a breve distanza potrebbe essere un incentivo per cercare
nuove idee. E Masterpiece offrirebbe
anche, a noi poveri esordienti, la possibilità di confrontarci con altri, per ottenere
pareri da persone competenti, per crescere artisticamente.
Ma siamo in Italia, e la televisione italiana non è
famosa per la quantità di programmi culturali che offre.
In sostanza, ho paura che, anziché avere un momento
in cui gli esordienti abbiano una possibilità di crescita, si avrà una
trasmissione in cui aspiranti scrittori isterici e con tendenze belliche urlano
all’improvviso: “Io la d eufonica la uso come ed quando voglio!” per poi
scagliarsi contro la giuria o contro il proprio malcapitato concorrente.
Il pericolo, in sintesi, è che, per raggiungere il
“vasto pubblico”, si dia spazio alle solite scenate, litigate, confessioni
scabrose o strappalacrime che sembrano piacer tanto ai telespettatori italiani.
E la bella idea di dare agli aspiranti scrittori o
a quelli esordienti un’occasione per farsi conoscere sarà solo il pretesto per
mettere in scena traumi infantili, drammi umani e agghiaccianti baruffe.
Non verrà dato, insomma, spazio allo scrittore, ma
al personaggio-scrittore.
La domanda finale è, quindi: Masterpiece sarà un modo per avvicinare il telespettatore medio
alla letteratura, o sarà la solita fabbrica di meteore?
Scrivo libri per Rizzoli e dal 2015 collaboro con il «Corriere della Sera» (Bergamo), occupandomi di cronaca e cultura.
Dal 2018 lavoro come editor, per chi ha scritto un libro e ha bisogno di una revisione, e come ghostwriter, per chi ha un'idea nel cassetto o una storia da raccontare, ma non sa come iniziare.